Sera d’estate. Cena al ristorante sulla spiaggia, vista mare. Nel tavolo accanto due famiglie con 4 o 5 bambini, uno di pochi mesi, gli altri tra i 3 e i 5 anni. Nel giro di pochi minuti, i bambini si scatenano: urla, salti, corse tutto intorno, richiamati da genitori, che un po’ gridano, un po’ ridono sconsolati, un po’ pensano agli affari loro.
Nessuna considerazione per gli altri ospiti del locale.
Non sono giochi e manifestazioni di vivacità, sono richieste capricciose, grida di stizza in reazione ai no dei genitori, peraltro urlati senza fermezza e pertanto inascoltati. I bambini vengono recuperati a braccia e “accomodati” di forza sulle sedie intorno al tavolo. I piccoli sgusciano subito via come anguille, ricominciando a correre tutto intorno.
All’improvviso, uno di loro si fa male ad un piede correndo intorno al tavolo. Ti aspetteresti che il genitore sottolinei la sua responsabilità nell’incidente e lo richiami a fermarsi.
Invece, agitazione collettiva, tutti gli adulti controllano che non sia niente di grave, come in effetti è, partono le coccole e i “poverino” e i bacini sul piedino “ferito”. Tempo un minuto e il ferito sguscia a correre e
saltellare come prima.
Dopo un tempo, che appare infinito, di confusione totale, i genitori decidono di passare alla gamma più bassa (e inutile) di strategie pedagogiche.
“La vedi la nave in mezzo al mare? È piena di mostri che stanno venendo qui perché ti stai comportando male”.
“Adesso arriva la polizia per tutta questa confusione”.
Magnifico! Delega completa del proprio ruolo a figure inesistenti o a istituzioni persecutrici.
La vivacità e il bisogno di movimento sono propri dei bambini sani, e lunghi pranzi o cene possono essere mal tollerati. Ma, incredibilmente, i bambini, anche i più piccoli, possono IMPARARE a stare fermi e comportarsi educatamente.
La gamma degli “errori” pedagogici commessi in questa occasione è ampia:
- considerare i bambini sempre TROPPO piccoli, per insegnare e imporre una regola di buon vivere.
- Utilizzare minacce inverosimili per tenerli buoni (mostri, polizia). Può funzionare nell’immediato, ma toglie credibilità all’autorevolezza del genitore. Il messaggio che arriva al figlio è che da solo non è in grado di gestirlo. E inoltre, si sta raccontando una bugia bella e buona, minando la propria credibilità. I mostri non arriveranno mai e la polizia ci protegge, non ci punisce e basta.
- Urlare non serve. Risulta più utile adottare un tono di voce pacato ma molto fermo. Il messaggio che deve passare è inequivocabile: non ci sono alternative alla richiesta che stiamo facendo. Anche l’intervento fisico ha un senso se è una presa ferma, non uno strattone violento, al quale il bambino reagisce divincolandosi. Avete presente le mamme gatte? Stringono i micetti delicatamente ma con fermezza sulla collottola con i denti. Non fanno loro del male, semplicemente li fermano.
- Pensare che i bambini possano essere sempre giustificati perché bambini. NO! I bambini imparano, se glielo spieghiamo, che in mezzo alle altre persone, in locali pubblici, alcuni comportamenti sono ancora più vietati che in casa propria. Si deve portare rispetto agli altri, anche se estranei.
L’educazione inizia da subito, da piccolissimi.
Nei primi mesi in cui decidiamo di seguire i ritmi del bambino o di dargli un ritmo nostro, stiamo passando un messaggio educativo, e la regolazione dei pasti, del sonno e poi gradualmente del movimento, dei giochi, delle uscite, dell’abbigliamento, per quanto in sintonia con i bisogni e i tempi del bambino, resta una nostra responsabilità.
Solo così il bambino impara a fidarsi ed affidarsi, a seguire le nostre indicazioni e le regole che proponiamo. Pensare che finché sono piccoli devono essere liberi di esprimersi senza confini, e rimandare l’educazione e le regole a quando saranno più grandi, perché “c’è sempre tempo”, è fallimentare.
Il tempo giusto è subito.
L’assenza di limiti e confini ci fa percepire come genitori disinteressati e induce comportamenti disordinati e confusionari, sintomo di ansia e scarsa autoregolazione. Smettiamo di vedere le regole come imposizioni o rigidità e ricordiamo invece che le regole trasmettono interesse, amore, protezione e cura, ma soprattutto sicurezza.
Natalia Sorrentino, psicologa e psicoterapeuta